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Il modo più antico di fare la birra, così come lievitava il pane, così fermentava la birra. Unica differenza la prevalenza di acqua rispetto ai cereali. Si ritiene che la bevanda avesse un contenuto alcolico ridotto e fosse consumato come una sorta di pane liquido. Sicuramente più densa, non filtrata, era una bevanda dalla garantita potabilità a seguito della cotta del mosto. Assolveva quindi a due compiti, nutrire e dissetare. Solo in epoca più recente la birra è diventata la bevanda alcolica, con forti connotati socializzanti, che oggi conosciamo.

Non esiste una specifica datazione della nascita dei diversi stili perché era la maniera naturale di fermentare la birra. Gli stili più conosciuti sono:

La Weizen e la Weissbier, come viene detta in Baviera. Una birra con malto d’orzo e malto di frumento, dai sentori fruttati, una birra particolarmente rinfrescante. Si declina in vari modi: Kristall, se filtrata; Hefe, se non filtrata; Dunkel, se scura.

La Berliner Weisse, birra tipica, acida, a bassa gradazione, tipica della città di Berlino. I primi scritti che ne parlano risalgono al 1642. Prodotta con malto d’orzo e frumento deve la sua acidità al particolare lievito utilizzato, viene bevuta solitamente con l’aggiunta di sciroppi.

Kölsch, lo stile prende nome dal dialetto che si parla nella città a Colonia (l’unico dialetto che si beve). Le prime produzioni di cui si ha notizia risalgono all’anno 842. Solo la birra prodotta in questa città può prendere il nome di questo stile (Kölsch Konvention, 6 marzo 1986). È una birra chiara.

La Alt, era la birra più consumata nella Renania sino al tardo 19° secolo. Oggi è la birra tipica della città di Dusseldorf. Il nome sta per ‘vecchio’ – ‘antico’ per significare una birra fatta come si faceva una volta. È una birra rossa.

   

A Dortmund il nobile (Freiherr) Wilhelm von Hovels’s aveva fondato nel 1854 una fabbrica di birra che, come uso nel tempo, produceva una Alt Bier. Nel 1893 la sua birra, per le particolari caratteristiche, prese il nome distintivo di Bitter Bier. Questa  birra si produce ancora oggi nello stesso luogo con la ricetta originale. La si può consumare  direttamente nella annessa Bierstube.

Fino al 1500, la birra era una bevanda assai diversa da oggi, per molti aspetti ancora da scoprire. Gli stili non erano ancora stati codificati, la produzione era strettamente legata al territorio e limitata ai mesi più freddi dell’anno. Per celebrare l’inizio e la fine della stagione birraria, vennero scelte le ricorrenze di San Michele (29.9) e San Giorgio (23.4), divenuti celebri nella tradizione popolare come i “Santi Armati a protezione dei lieviti”.

Tra il 1854 e il 1872 Luis Pasteur iniziò a studiare i meccanismi di fermentazione e conservazione della birra e iniziò quel fondamentale processo che portò alla nascita e alla di°usione delle birre a bassa fermentazione, che trovò la sua affermazione definitiva con il lavoro di Carl Von Linde, l’ideatore della prima macchina refrigerante, che consentiva di controllare e standardizzare la temperatura di produzione, ponendo fine, di fatto, al concetto di stagionalità della produzione.

Le Lager, come comunemente vengono chiamate le birre a bassa fermentazione, sono caratterizzate dall’utilizzo di Saccharomyces Pastorianus, specie di lieviti che fermentano a temperature vicine ai 9-13°. Prendono questo nome dalla loro tendenza a depositarsi sul fondo al termine del processo di fermentazione.

Gli stili più diffusi sono:
Lager, come vengono chiamate genericamente le birre a bassa fermentazione che non rientrano in uno stile preciso.

Pils, codificata a Pilsen nel 1842 dal mastro birraio bavarese Josef Groll. Nel 1872 a Radeberg, nasce la prima tedesca prodotta nello stile Pils. Esempi di stile: Radeberger, Jever, Kronen, Brinkhoff’s.

Dortmunder, nato nel 1843 per merito di Heinrich Wenker, venne definita Export per la sua capacità di conservarsi a lungo. Tale stile venne studiato e copiato da tutti i maggiori produttori al mondo diventando per oltre un secolo la caratteristica comune alle cosiddette ‘Premium’. Spesso contraddistinta nel nome da una stella. Intorno alla fine degli anni 90 la gran parte dei produttori decise di ridurne la gradazione per contenere le crescenti imposte applicate alla birra. Dal 1998 lo stile ha ottenuto la certificazione IGP. Esempi di stile: DAB, Dortmunder Union.

Bock, o starkbier, si presume sia nato nella città di Einbeck tra il XIV secolo e il XVII secolo, per identificare birre particolarmente ricche di malti con un grado alcolico superiore. Ha avuto una larga di°usione nei monasteri bavaresi con il nome di “pane liquido”, per le sue proprietà nutritive date dalla maggior intensità dei malti e la ricchezza dei lieviti. Può essere Helles (chiara), Dunkel (scura), Doppel (particolarmente intensa e ricca). Può essere prodotto anche con lieviti ad alta fermentazione e malti di frumento, nello stile Weissbock. Esempi di stile sono alcune Norbertus (Edelstark e Kardinal), Kloster Scheyern Doppelbock e Voll-Damm.

Le prime tracce certe della birra si fanno risalire alla Mesopotamia, la prima ricetta all’Egitto, ma quando si parla di cultura birraria si parla di Germania.

Merito di questo salto è la sperimentazione medievale nei floridi monasteri tedeschi. Vicini alla coltivazione della terra, si occupavano della trasformazione e della conservazione dei cibi, conoscevano profondamente le erbe e le loro proprietà.

La birra, al tempo, essendo sottoposta a bollitura, dava l’assoluta certezza della sua potabilità, era una bevanda sicuramente poco alcolica, non filtrata, considerata salutare e adatta anche ai bambini alla stregua di una pane liquido. Veniva prodotta in modo più robusto (con un maggiore contenuto d’orzo) come nutrimento dei tempi di quaresima.

Una suora benedettina Hildegard von Bingen (1098-1179) grande studiosa in molte arti, comprese la natura antiossidante del luppolo e per prima lo introdusse nella produzione della birra. Sino ad allora la birra, così come il vino, veniva prodotta e conservata in ossidazione, per cui i sentori acidi venivano attenuati dall’assemblaggio di erbe e spezie (gruut). Il luppolo permise di evitare o quanto meno limitare l’ossidazione del prodotto migliorandone il gusto e la conservazione nel tempo.

Da allora, nella cultura tedesca della birra, il luppolo divenne un ingrediente stabile. Nel tempo si apprese che il luppolo era responsabile del caratteristico cappello di schiuma, ma era anche fonte, nelle diverse varietà, degli aromi e dei gusti che la birra seppe da allora esprimere.

Se nei Kloster tedeschi si seguì da allora questo nuovo modo di fare la birra, nella Abbazie in Belgio, ma non solo, i monaci, anche se appartenenti allo stesso ordine, proseguirono la vecchia tradizione del gruut ignorando del tutto quella che si stava affermando come la più antica legge alimentare.

Particolare è che nel nome di Norbert di Xanten (1080-1134), fondatore dell’ordine dei Premonastrensi, a seconda della collocazione dei monasteri, in Germania o in Belgio, la birra venne prodotta con il rispetto dell’una (con il luppolo) o dell’altra ricetta (con il gruut). Ancora oggi, ma in chiave moderna questo è un elemento di distinzione tra le due culture.

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La passione artigianale made in USA

L'innovativa reinterpretazione degli stili della tradizione

Nel cosiddetto nuovo continente non esiste il forte legame alle tradizioni proprie dell’Europa. Questo approccio più libero ha permesso nel tempo uno sviluppo più ampio e creativo. Fenomeno già vissuto nel vino, ambito nel quale la California per un lungo periodo aveva indicato nuove strade. Nella memoria di molti è ancora presente il ricordo della selezione di ottimi vini che abitualmente proponevano i ristoranti più blasonati sino a qualche decennio fa. Nel nostro paese, grande produttore, si curavano più le quantità che la qualità, sino a quella definitiva presa di coscienza che ci ha permesso di riconquistare il terreno perduto.

Nella birra si è assistito ad un analogo fenomeno, scioccante sicuramente per chi, nei tradizionali paesi della birra, non si aspettava di apprendere una dura lezione dal nuovo continente.

Di fatto negli Usa, dove il consuma della birra, così come in Europa, sembrava destinato ad un rapido quanto incontrollato declino, in pochi anni, dal 2012 ad oggi, si è verificata una vigorosa nuova crescita che ha coinciso con lo sviluppo delle Craft Breweries.

Inizialmente sulle solide basi del tedesco Editto della genuinità, corroborate poi dai sani principi delle Abbazie Belghe, dagli States stanno giungendo a noi innovative interpretazioni di stili antichi e nuovi, sperimentando malti e luppoli diversi, lavorati per ricavare gusti e profumi inusitati, a volte estremi. Si applicano a volte tecniche già sperimentate in enologia, altre invece associazioni di ingredienti o lavorazioni mai pensati prima.

Il comune denominatore di questo successo è però comunque il forte legame con metodi codificati dalle tradizioni più antiche riviste e reinterpretate. Tra tutti gli stili ispiratori quello che ha preso più campo è l’lPA (India Pale Ale), che prende il nome dal metodo produttivo utilizzato dagli inglesi per mandare la birra in India, ma che deriva a sua volta dagli insegnamenti medievali della suora benedettina Hildegard von Bingen. La storia ritorna.

Il Belgio, le tradizionali Gruut bier e la rifermentazione in bottiglia

Prima dell’introduzione del luppolo nella produzione della birra era uso utilizzare un assemblaggio di erbe e spezie per aggiungere sentori aromatici necessari ad attenuare l’acidità propria della bevanda. La birra come il vino si conservava per effetto di una ossidazione più o meno controllata che, a seconda dei casi, ne diminuiva o aumentava l’acidità. Ancora oggi la produzione del vino segue questi principi, ma il livello di acidità, controllato, risulta attenuato dalla maggiore gradazione alcolica.

Nella moderna produzione il cosiddetto ciclo chiuso consente la fermentazione e la maturazione in assenza di ossigeno per cui, persa la caratteristica acidità, il gruut mantiene solo la funzione caratterizzante della birra.

Le spezie più comuni sono: mirto, rosmarino, coriandolo, bacche di ginepro, cannella, anice, chiodi di garofano, salvia e alloro (grani del paradiso)

Famosa era la Gruuthuse di Brugge dove i birrifici del territorio andavano ad acquistare il loro assemblaggio segreto di spezie e con l’acquisto di queste onoravano anche la tassa di produzione della birra.

La seconda fermentazione in bottiglia è tipica delle produzioni belga. Si tratta in pratica di una aggiunta alla birra, prima del confezionamento, di zucchero e lievito che, rifermentando, assorbe l’ossigeno presente nel collo della bottiglia, garantendo alla birra una più lunga conservazione, ma anche incrementando leggermente l’acidità che le conferisce una certa dissetante freschezza.

Quanto sin qui descritto è evidentemente in contrasto con il già citato editto della purezza, la strada seguita dalla cultura tedesca della birra, che vincola gli ingredienti nella produzione della birra. In Belgio è uso aggiungere nel primo mosto un altro ingrediente, il mais altre volte anche il riso. Viene aggiunto per diluire l’alto contenuto di proteine del malto. Una corretta lavorazione del mais e riso prevede che non vengano aggiunti tale quale al mosto ma solo dopo preventiva cottura (oltre i 90°) così da favorire la semplificazione degli amidi. Purtroppo nella produzione industriale, ovunque sia permesso l’uso di cereali non maltati, detta precottura non viene eseguita a scapito della perfetta digeribilità del prodotto finito.

La Germania, stili tradizionali riproposti nel rispetto dell’Editto
 

In Germania, paese di grandi consumi e di grandi feste, da sempre legato alle tradizioni regionali, l’Editto della purezza del 1516 ha rappresentato nel tempo la somma garanzia di indiscussa qualità, ma poteva rappresentare un limite in una visione di sviluppo.

Da un lato hanno ripreso forza piccoli birrifici, dall’altro il progetto Braufactum ha dato il via ad un nuovo fermento verso la riscoperta di vecchi stili della terra patria riproposti secondo le antiche ricette che i moderni impianti avevano sostanzialmente stravolto.

Il percorso è poi proseguito avviandosi a reinterpretare stili di altre nazioni entro i rigidi limiti del famoso Editto conseguendo risultati veramente inaspettati.

Altri produttori stanno ora seguendo la strada intrapresa da Braufactum dando nuova linfa ad un fenomeno che nel tempo potrebbe portare ad una profonda rivoluzione del mondo birra, da un prodotto da bere ad un prodotto da degustare, con evidenti differenze nelle sue valenze socializzanti.

In Germania, mai come ora, si bevono anche eccellenze birrarie provenienti da altri paesi, segno evidente di questa profonda trasformazione

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Sono parte della cultura della birra anche alcune coniugazioni più propriamente funzionali, ma che a volte possono apparire veramente uniche ed originali.

La birra e la frutta sono elementi molto vicini tra loro. Le prime emanano frequentemente sentori di frutta e le seconde sono abitualmente fermentate e distillate. Pensare quindi ad un matrimonio tra loro era una logica conseguenza esattamente come le birre con il gruut che trovavano nelle spezie un rinnovato fascino. Una Weiss o una birra acida (Flemish Red Ale) rispettivamente coniugate con i toni aggrumati del Pompelmo Rosa o le note acide dei frutti rossi sono da ritenersi una logica conseguenza oltre che un valore.

LA BIONDA DAL CARATTERE INCONFONDIBILE
Clausthaler è stata creata e lanciata nel 1978. Ciò che sino ad allora era ritenuto impossibile, venne, a suo tempo, reso possibile, con tutta la sapiente pazienza dei Mastri Birrai della Binding. Produrre una Birra, che profumi come una Birra, che abbia il gusto inconfondibile di una Birra, e che sia analcolica: un’unicità di combinazione chesolo Clausthaler è riuscita ad ottenere. In circa 40 anni nessun’altra birra tedesca ha conseguito così tanti attestati e riconoscimenti come Clausthaler. Nei paesi di lingua Tedesca, vale come sinonimo di Birra analcolica e viene oggi esportata in oltre 50 paesi del mondo.

Degustare il piacere di una vera e buona birra in ogni occasione: ecco il motivo per cui Radeberger Gruppe Italia propone in tutti i momenti in cui occorre limitare o eliminare il consumo d’alcol, la birra Clausthaler: tutto il gusto, i profumi ed il piacere inconfondibile di una ottima birra meno l’alcol. Per chi invece ha problemi di celiachia ecco la linea Daura: vera birra che nasce dal malto d’orzo ma con solo 3 parti per milione di glutine (il limite per i celiaci è 20p.p.m.) da scegliere tra Daura bionda lager e la Marzen, ambrata e doppio malto.